Giovanni Antonelli – Biografia

Giovanni Antonelli

1919-2009

Le date della sua nascita e della sua morte (Spoleto, 27 gennaio 1919-27 maggio 2009) potrebbero far supporre una lunga esistenza trascorsa per intero nella sua Spoleto.
In realtà, il “Borgo san Gregorio” – dove le case della famiglia Antonelli e di altre cospicue famiglie (Bernardi, Benedetti Castori) ad essa legate da vincoli di parentela ed affinità, ricostruiti proprio da Giovanni, facevano corona ad un ampio retroterra composto di tessere di verde alberato – vide la presenza continua di Giovanni soltanto fino alla maturità, conseguita presso il liceo classico “Pontano-Sansi”.
Poi, gli anni dell’Università a Roma, con la discussione, nel 1941, della tesi di laurea in storia medievale – granello di senape di una larga messe futura – lo tennero lontano dalla nostra città; seguì la triste stagione della guerra (Corsica), che lasciò il segno sul fisico di Giovanni (curato a Napoli da crocerossine volontarie di Spoleto), ma non su quello spirito che lo ha sempre sorretto, anche quando le ombre della sera sembravano infittirsi.
Dopo la ripresa della vita civile, Giovanni fu accolto nel 1946 come socio accademico, conseguì il diploma della Scuola speciale per archivisti e bibliotecari della Sapienza di Roma, e nel 1950 vinse brillantemente il concorso per l’Amministrazione degli Archivi di Stato.
Il servizio lo portò a Firenze, Pistoia, Terni e da ultimo a Roma, presso l’Ufficio Centrale degli Archivi di Stato del Ministero degli Interni.
Ormai, la casa avita di Spoleto – città in cui si andava perdendo l’uso dei nomi antichi dei rioni (Corso, Borgo, Piazza, Monterone, Campo dei Fiori, Ponzianina, Borgaccio, dove i ragazzi emulavano, senza saperlo, quelli della via Paal di Ferenc Molnàr), ma non erano ancora tornate in auge le storiche qualifiche delle “vaite” – è méta di ritorni sempre meno frequenti.
Infatti, Giovanni, è Direttore del Servizio “Affari tecnici archivistici”, Segretario del Consiglio Superiore degli Archivi e della Giunta esecutiva dello stesso, Segretario Generale del Conseil International des Archives (organismo internazionale dell’UNESCO), con sede a Parigi; partecipa a convegni e conferenze sia nelle Capitali di molte nazioni europee, sia negli Stati Uniti, costituisce – visitando quasi tutti i paesi arabi – la Branche Regionale dell’area islamica del Conseil International.
La sua attività è premiata, in quegli anni, con la nomina a membro onorario del Conseil International e della Branche Regionale ed a componente effettivo del Comitato di Scienze storiche, filosofiche e filologiche del Consiglio Nazionale delle Ricerche.
Nei brevi soggiorni spoletini, Giovanni ritrovava gli affetti del padre Alessandro e della madre Anna Comelles; bastava anche solo l’eco di una telefonata perché la notizia del suo arrivo circolasse rapidamente e ne seguisse l’incontro con coetanei ed amici.
Il tempo non bastava mai: i racconti reciproci, le confidenze personali, gli aggiornamenti sulla vita cittadina, i progetti in corso, si intrecciavano in un tessuto di memorie e di speranze.
Quando Spoleto – Caput Umbriae, e perciò da sempre tenuta sotto assedio ed assalto e vittima di progressive spoliazioni – vedeva profilarsi nuove minacce alle istituzioni residue (ente ospedaliero, Tribunale ecc.), Giovanni metteva a disposizione dei suoi concittadini le sue conoscenze romane. Non di rado, nel pericolo contingente, dai lontani ricordi dell’infanzia, salivano aneddoti gustosi, come quello che aveva avuto per protagonista il salumiere del Borgo san Gregorio, con bottega dirimpettaia alla casa Antonelli. Il baffuto norcino, alla notizia della perdita, nel 1924, del secolare Tribunale di Spoleto, trasferito a Terni dal regime fascista, scaricò la sua rivalità contradaiola in termini indimenticati ancora dopo oltre mezzo secolo: “je sta vene a quelli de Corso”. L’uso della lingua e quello estemporaneo del dialetto (allietato in questi ultimi tempi dalle pagine del “Grande vocabolario del dialetto spoletino” di Cuzzini Neri e Gentili) erano pane quotidiano, per un Giovanni cui restavano ancora familiari il tedesco e il francese.
Per il lettore curioso delle eventuali reazioni del salumiere di Borgo, dobbiamo dire che la cronaca non sembra aver registrato nulla circa la sua faccia quando, nel 1928, il Tribunale fu nuovamente riaperto, in Corso Vittorio Emanuele, con una solenne cerimonia alla presenza del Ministro di Grazia e Giustizia e delle più alte autorità civili e giudiziarie dell’intera regione.
La posizione eccentrica di Spoleto, rispetto all’antico territorio della sua giurisdizione (Amelia, Narni, Terni) condizionava, ancora, i confini del nuovo Tribunale. A Spoleto furono aggregate le Preture di Cascia, Norcia, Trevi e Montefalco, ma non di Todi – com’era stato previsto perché, allora, non facilmente raggiungibile, separata dalla catena dei Martani. Il problema delle comunicazioni è stato da sempre il tormento di Spoleto, poco avvertito dai suoi amministratori, forse a causa dei costi allora proibitivi delle grandi opere necessarie per uscirne. Ma anche qui Giovanni mostrò il suo acume politico e il suo pragmatismo quando, come consigliere, nel 1990, della Fondazione Cassa di Risparmio di Spoleto, concepì la fattibilità – suggerita dalle gallerie del valico della Somma a sud e di Forca di Cerro ad est – di un altro traforo ad ovest verso Acquasparta e Todi.
I moderni sistemi di avanzamento avrebbero consentito un’opera che ricevette, poi, il nome di battesimo di “strada delle Tre Valli”, perché allacciava le valli del Nera, di Spoleto e del Tevere, con un collegamento veloce pluridirezionale.
Altri interventi di Giovanni riguardarono la creazione dell’Ispettorato Archeologico, su iniziativa, da lui sollecitata, del Direttore Generale delle Antichità e Belle Arti, prof. de Angelis d’Ossat ( Ispettorato, cui è seguito l’odierno Museo Nazionale Archeologico); la istituzione dell’Istituto Professionale Alberghiero, che vanta, oggi, un prestigio interregionale; la istituzione della Sezione di Archivio di Stato di Spoleto, la prima in Italia a rompere un rigido sistema burocratico, impervio – fino ad allora ad accogliere le pressioni di centri onusti di storia, ma sprovvisti di proprie sedi archivistiche; la iniziale collaborazione con Adriano Belli per le stagioni liriche, confluite, poi, nel Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto, che, oggi, porta la lirica italiana e il nome di Spoleto nel mondo, dal Giappone agli Stati Uniti; l’appoggio al Maestro Giancarlo Menotti per il Festival dei Due Mondi, oltre tutto con il restauro della Chiesa di san Nicolò (destinata agli spettacoli) e con la costruzione, a tempo di record, dell’Hotel dei Duchi: opere per le quali, fu determinante l’opera del prof. de Angelis d’Ossat, amico personale di Giovanni, e della Banca Nazionale dell’Agricoltura per gli aspetti finanziari.
I rapporti con Adriano Belli e Giancarlo Menotti erano ispirati dalla educazione musicale ricevuta da Giovanni fin dalla sua infanzia, a coronamento di quelle innate doti di compositore che la sua modestia volle confinare tra le mura domestiche e però lo mettevano in tradizionale sintonia con noti musicisti spoletini: Ramacciotti, Filipponi, Guidieri, Onofri, da lui fatti conoscere a Roma in un memorabile concerto presso l’Oratorio del Gonfalone.
C’è, tra le pagine d’oro della vita di Giovanni, uno strappo doloroso, forse l’unico. Spoleto, città fedele al Papa, liberata dal sabaudo generale Filippo Brignone, patria del repubblicano spoletino Luigi Pianciani, aveva perduto, da ultimo, anche la Sottoprefettura del Regno. La ricostituzione di tale ufficio – nei nostri anni settanta – seguì un iter assolutamente riservato, ma una crisi governativa – deprecabile, questa, quant’altre mai – tolse di mano al ministro competente la penna per la firma del decreto istitutivo già pronto sul suo tavolo.
La delusione e l’amarezza del sostenitore dell’iniziativa furono enormi e solo le alterne vicende posteriori che hanno interessato (e sembrano riguardare ancora) l’ente Provincia hanno contribuito a far rimarginare la ferita che Giovanni si trascinò dietro in dignitoso silenzio. Ma l’aveva nel sangue la vocazione per Spoleto perché con Pasquale Laureti, Presidente dell’Accademia Spoletina e principe del Foro della nostra città, organizzò il primo Congresso di Studi longobardi, il cui seme era stato gettato agli inizi degli anni venti, da Mons. Luigi Fausti, segretario accademico. Dal Congresso, sarebbe nato – con la Presidenza illuminata di Giuseppe Ermini – il “Centro internazionale di studi altomedievali”, che ebbe Giovanni quale direttore per mezzo secolo e che oggi è la più alta istituzione culturale in Europa, e nel mondo, nel campo della medievistica. Per lui, era un punto d’onore offrire ai convegnisti la copia, appena uscita dalla tipografia, degli Atti della Settimana dell’anno precedente, curati con encomiabile sollecitudine anche attraverso l’attenta, personale revisione e correzione delle prove di stampa.
Ancora di cinquanta anni è la durata della sua direzione di SPOLETIUM, da lui fondata nel 1953 come Rivista di arte storia cultura, legata non solo a Spoleto, ma anche a tutto il territorio storicamente unito alla nostra città. Antonelli ne lasciò la direzione nel dicembre del 2003, con un cordiale augurio per chi lo avrebbe sostituito e con un lungo saluto dove ricordava l’umile prodotto della tipografia e gli oltre duecento autori: giovani e valenti autodidatti di Spoleto, Montefalco, Trevi e cattedratici illustri, italiani e stranieri: uno dei quali, tedesco, scriveva nell’agosto de 1954: “l’Europa è in campo scientifico, e innanzi tutto nel campo della storiografia, un fatto compiuto”.
Il supplemento al n. 44 di SPOLETIUM (2003), che reca un completo indice alfabetico per autori, frutto del paziente lavoro della segretaria Marta Bartoli, può dimostrare la mente e il cuore di Giovanni, vòlti alla scelta degli autori e al ricordo commosso e grato verso benemeriti concittadini e consoci: Remo Stefanelli (1985), Fabrizio Antolini e Placido Nicolai (1986), Bianca Sordini (1988), Luigi Antonini (1991), Leonello Leonardi (1999), Giovanni Toscano (2001), Canzio Sapori e Filippo Mazzonis (2003).
Di ciascuno, il Direttore Antonelli sapeva tratteggiare caratteri fisionomici, predisposizioni culturali, ascendenze familiari, vicissitudini politiche, inclinazioni generose, benemerenze cittadine.
Ne venivano fuori la trama e l’ordito di un tessuto sociale sul quale l’occhio attento dell’osservatore odierno può leggere interi brani di storia contemporanea.
Le “Borse di studio” di Remo Stefanelli, in memoria di un figlio perduto in tenera età ed a sostegno di studenti bisognosi e meritevoli; le scoperte documentali di Fabrizio Antolini, formatosi nel Centro di Studi Romani, magistrato infaticabile del Tribunale di Spoleto, Presidente dell’Accademia Spoletina, autore fecondo di note e contributi per SPOLETIUM; le composizioni organistiche di Placido Nicolai, direttore della biblioteca comunale “G.Carducci” e reggente temporaneo dell’Archivio di Stato; “gli appunti” (conservati dalla figlia Bianca) vergati “in loco” da Giuseppe Sordini nel corso delle sue ricerche archeologiche, i cui frutti costituiscono il corpo dell’odierno Museo, dove spicca la “Lex Spoletina”; la principesca munificenza di Luigi Antonini, con la creazione della Fondazione omonima a supporto di iniziative vitali per Spoleto; il “Glossarietto spoletino” di Leonello Leonardi, già docente, insieme con Vincenzo De Carolis (autore di pubblicazioni accademiche) presso l’Istituto privato San Giuseppe di Roma durante il periodo fascista, per il loro rifiuto di prendere la tessera del partito; la sagace gestione della cosa pubblica (Festival dei Due Mondi, Teatro Lirico Sperimentale ecc.) da parte di Giovanni Toscano, sindaco democratico di Spoleto per numerose “legislature”; la raccolta documentale e archeologica di Canzio Sapori, raro esempio di medico letterato (ed amatore antiquario: suo è il dono all’Accademia di un seicentesco stemma ligneo con l’insegna del rinoceronte ed il motto Exacuet), nel solco di una tradizione che annovera, tra gli altri, A. J. Cronin; l’affidamento dell’archivio plurisecolare della nobile famiglia Campello all’Archivio di Stato di Spoleto, per la cura lungimirante di Filippo Mazzonis.
La preparazione e l’esperienza di Antonelli lo avrebbero portato alla Presidenza della Deputazione di Storia Patria per l’Umbria, ma anche in Perugia non mancava di spuntare la sua ‘spoletinità’. Infatti, dopo un lungo lavoro preparatorio, si celebrò a Spoleto il Congresso internazionale sul tema “Esercito e città dall’Unità agli anni trenta”: un tema che – ben lontano dallo slogan degli “otto milioni di baionette” – doveva affondare le sue radici nei lontani ricordi d’infanzia di Giovanni ed in quelli della vita vissuta come ufficiale dei Granatieri; gli Atti del Congresso, raccolti in due corposi volumi, rappresentano una fonte unica per la conoscenza di una materia che investe i rapporti tra enti civili e militari, in pace e in guerra.
Alla rivista SPOLETIUM, il fervore intellettuale di Giovanni riuscì ad affiancare altre pubblicazioni con firme di studiosi sia di epigrafia, musicologia, scultura, dialettologia e storia moderna e contemporanea, dove è possibile ammirare perfino i volti scuri dei minatori di Morgnano, sia di francescanesimo, quando la lettera autografa di Francesco d’Assisi – posseduta dal Capitolo della nostra chiesa cattedrale, ed ivi esposta nella Cappella delle reliquie – venne fatta oggetto delle magistrali analisi di Raoul Manselli e Alessandro Pratesi.
A Giovanni, uomo di fede profonda e convinta, il nono centenario della fondazione di san Gregorio Maggiore – chiesa parrocchiale di tutta la sua vita e che, gremita di popolo, gli ha riservato l’ultima benedizione – sembrò, nel 1979, l’occasione propizia per un meditato riesame del significato storico ed artistico del monumento e per la pubblicazione di un aureo libricino, oggi introvabile.
Altra tappa fondamentale del suo cammino di studioso è segnata dalla trascrizione, seguita dalla pubblicazione del 1962, degli Statuti di Spoleto del 1296; a lui si affiancò Margherita Moriani Antonelli, con il paziente lavoro, pubblicato nel 1996, che ha riguardato gli Statuti di Spoleto del 1347: due opere che permettono di conoscere lo sviluppo, nell’arco di appena mezzo secolo, della vita democratica del nostro Comune e che potrebbero dare lo spunto a tesi di laurea.
Alla immatura scomparsa della sua Margherita – che non ebbe la gioia di vedere il frutto della sua lunga fatica – Giovanni cercò conforto sia nell’affetto forte dei figli Vittoria, Carlo e Luigi e dei promettenti nipoti, sia nei suoi interessi verso associazioni e fondazioni locali, che ora hanno perduto un amico e un consigliere, portatore di esperienza, altruismo e bontà, come attesta la sua decennale presidenza della “Società Operaia di mutuo soccorso Luigi Pianciani” di Spoleto. Associazioni e fondazioni locali che, qualche tempo addietro, hanno deliberato all’unanimità il conferimento a Giovanni Antonelli della LEX SPOLETINA, da Lui accettata dopo una iniziale contrarietà, che Egli così manifestava: “nel ringraziarvi – scriveva agli amici – vi esprimo la mia volontà di non accettare tale onorifico premio, in quanto quel che ho fatto per Spoleto è nient’altro che l’adempimento del mio dovere di cittadino e la mia disponibilità a mettere alcune mie doti, che la Provvidenza mi ha concesso, a vantaggio della città alla quale mi lega un infinito amore (…). Se volete darmi un premio, conservatemi la vostra preziosa amicizia che io ricambio con antico e sincero affetto”.
Questo era il nostro Giovanni, per la cui modestia restavano in ombra la Medaglia per i benemeriti della cultura, l’onorificenza italiana di Commendatore della Repubblica, quella francese di Officier dans l’Ordre des Artes et Lettres, quella vaticana di Commendatore dell’Ordine di san Gregorio Magno.
Negli ultimi tempi – vissuti con l’assistenza di Lyuda e Valentina, cristiane ortodosse, presenti nello spirito di una carità fraterna che non conosce confini – la sua voce si andava facendo fievole e stanca, ma la sua mente sapeva ritrovare ancora, per quanti fossero saliti fino alla sua accogliente mansarda – piccolo eremo silenzioso dopo le aule congressuali – ricordi che fluttuavano sereni nell’arco di oltre quindici lustri.
Per essi e con essi, Egli riscopriva, a distanza di anni, la verità confessata nel 1954 in SPOLETIUM dal medievista Claudio Sanchez Albornoz dell’Università di Buenos Aires: “Cuando la vida empieza a declinar, torrentes de recuerdos inundan el alma…”
Per Giovanni, forse l’ultimo, vero grande figlio di questa Spoleto ducale, c’è un Salmo (55-18) che può suggellare la sua lunga esistenza terrena: “Dio ascolterà la mia voce e trarrà in salvo e in pace la mia vita”.